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Sull’Alta Velocità in Italia di R.D’Este e C.Barbieri
[Il testo presente é tratto da Treni ad alta nocività, Nautilus, Torino, 1993 e costituisce la Premessa allo scritto ivi contenuto, Nota sull’Alta Velocità in Italia]
Viaggiando con le spalle
via dagli occhi schizzano
pali proietti sparuti
rovi mitraglianti
ringhiere e pah scritte
pah pah numeri segnati
pah bersagli, bersagli
pah.
Giorgio Cesarano, Romanzi Naturali, Milano, 1980


La Nota che segue potrà forse apparire tecnica o addirittura
specialistica, ed ingiustamente, poiché siamo nemici dichiarati di ogni
specialismo e di chi lo esercita. Ma, in effetti, si sono voluti
fornire dei dati reali, in modo che il probabile, prossimo avvento
dell’Alta Velocità ferroviaria in Italia non solo non ci trovi
impreparati, ma addirittura senza elementi di conoscenza. Ed onde
evitare, nel contempo, che la più che legittima indignazione che da più
parti già si manifesta e sempre più si manifesterà venga cavalcata dai
Signori dell’Ambiguità che, mettendo in rilievo questo o quell’aspetto isolatamente, di fatto rendono tollerabile l’intollerabile ed annacquano così il buon vino della protesta.
Perciò, oltre ai dati ed alla disamina di progetti, fatti, conseguenze,
ci è parsa necessaria questa premessa così come una conclusione
provvisoria.
Vogliamo sottolineare essenzialmente tre aspetti forti:
1) L’Alta Velocità fa parte del modo complessivo
di considerare l’uomo come una merce, ideologia e pratica fondative
della società del capitale e tanto più evidente nella presente società
che si può definire come neomoderna.
2) L’Alta Velocità attiene ad uno stile di sopravvivenza imposto dalla società riproduttiva mercantile e non trova alcuna giustificazione nella pretesa utilità collettiva o, addirittura, nel risparmio di risorse sociali o, scadendo nel ridicolo, nella sua proclamata funzione ecologica.

3) L’Alta Velocità è segnata sin dall’inizio da un preciso carattere
amministrativo e di classe, non solo per i vantaggi economici che ne
ricaveranno le ditte appaltatrici dei lavori (di Stato e/o private), ma
anche per il suo significato ed utilizzo sociale.
Esaminiamo partitamente questi tre assunti.
1) La velocità, ancorché ammantatata di illusione e di mito (si vedano,
per esempio, le esaltazioni del futurismo storico e letterario), da
sempre riguarda soprattutto la sfera della circolazione delle merci.
Dal punto di vista della veicolazione delle merci stesse e della loro
espansione riproduttiva, appare utile che un determinato stock
di materie prime, di semilavorati o di merci prodotte nella località A
raggiunga nel più breve tempo possibile le località B, C, D eccetera
onde venir ulteriormente lavorate o semplicemente immesse nel mercato,
per il consumo, e ciò ovviamente senza alcun criterio di discrimine
riguardo alla qualità delle merci suddette. La velocità, in
altre parole, crea del valore aggiunto, inerente proprio alla velocità
impressa ai prodotti stessi, ciò che si può definire come
valorizzazione dei prodotti all’interno del processo circolativo. Ma, a partire dall’epoca del dominio transnazional-capitalista ed interstatale, l’uomo stesso viene configurato pienamente come merce
e, dunque, la velocità di spostamento lo valorizza come valorizza
qualsiasi altra merce. Va da sé che le merci hanno un valore
commerciale variabile, e così gli uomini. Perciò se non è troppo grave
che, per esempio, le derrate alimentari giungano in Somalia in tempi
relativamente lunghi, e magari in parte avariate, così non è molto
grave che il proletario o il proletarizzato o il neoproletario impieghi
una quantità non irrilevante di tempo per trasferirsi da casa al posto
di lavoro e, semmai, la soluzione più "razionale" potrà essere la
progressiva domesticizzazione del lavoro, che viene già brillantemente
sperimentata in Giappone e, peraltro, nelle carceri di tutto il mondo,
e bisogna riconoscere che l’Italia, almeno dal punto di vista
progettuale, non è certo in fondo alla coda a quest’ultimo riguardo. Ma
l’esempio più evidente ci viene dal danaro, che non solo è stato
fondamento del capitale finanziario, ma che è anche a fondamento del
capitalismo neomoderno (riproduttivo). Il danaro, attraverso il sistema
bancario e creditizio, si muove in tempo pressoché reale (seppur del
tutto fittizio, ovviamente), con la tecnica degli accrediti, degli
spostamenti dei conti, dei bonifici eccetera, sicché il trasferimento
di somme da Parigi ad Hannover o da Roma ad Hong Kong, e viceversa,
avviene in tempi brevissimi, telematica adiuvante. Da tempo è finita
l’epoca, e l’epopea, delle diligenze cariche di dobloni o delle navi
gonfie di lingotti d’oro. E, se non fosse per la congenita
impossibilità del capitale di uniformare gli uomini ed il pianeta, il
danaro come sostanza (materiale) potrebbe essere tranquillamente
scomparso da tempo. Ma vi sono delle merci meno "essenziali", cioè meno
immateriali, che hanno bisogno di un determinato tempo di trasporto.
L’Alta Velocità è stata studiata esattamente per questo, seppure in uno
spazio territorialmente delimitato (è ovvio che, per l’Italia, anche le
ipotesi più audaci di Alta Velocità debbono limitarsi alla circolazione
nell’Europa continentale e con una funzione germanocentrica). Gli
uomini, abbiamo detto, vengono considerati alla stregua delle merci. È
ovvio, quindi, che il tempo di un manager o di un grand commis che debba spostarsi da Torino a Lyon o da Napoli a Milano valga molto
di più di quello del lavoratore che si deve spostare da Bussoleno a
Torino o da Roma a Civitavecchia. L’Alta Velocità è concepita per il
trasporto di queste merci privilegiate. Infatti, se
l’aereo è e resterà fondamentale soprattutto per la merce uomo (e
quindi ovunque nelle città aeroportuali sono stati studiati raccordi
autostradali, superstrade, bretelle a scorrimento veloce eccetera per
far raggiungere nel minor tempo possibile, seppure al prezzo della
devastazione di interi territori, il centro della città, o località
"importanti" non fornite di aeroporto o le zone di affari), esso si
dimostra insoddisfacente per le brevi distanze, a causa degli ingorghi
che il sistema stesso ha creato e determina
. L’Alta
Velocità sopperisce, almeno in parte, a questa contraddizione. L’uomo
che "conta" (cioè il cui lavoro conta) avrà così delle corsie preferenziali anche via terra.
Questo fa parte della concezione capitalista ed antiumana per cui il
tempo è danaro e il danaro lo si guadagna con il tempo. L’uomo nella
sua accezione più precisa e nel contempo più universale, ne è escluso
se non come mero burattino. E parliamo di quell’uomo (e lo siamo tutti)
che ha bisogno del suo tempo, per cui il viaggio è comunque un’avventura, che deve conoscere i luoghi che attraversa ed impadronirsene attraverso una presa di coscienza e di conoscenza.
Senza alcun dubbio, quindi, ed a dispetto di tutte le frasi ad effetto
parasimbolico utilizzate, l’Alta Velocità è interna alla concezione
della riproduzione allargata di sopravvivenza. Concezione antiumana.
2) Se abbiamo detto dell’uomo merce, più o meno di "valore", bisogna
contestare anche le pretese sciento-tecnologistico-neoumaniste dei
fautori dell’Alta Velocità. L’utilità collettiva che
spesso viene issata come stendardo si dimostra falsa anche ad una prima
e superficiale disamina. Se è vero, com’è vero, che il signor X,
prendendo un treno ad alta velocità (TAV) per percorrere la tratta
Milano-Napoli, può risparmiare qualche ora, è altresì vero che questo
ha ben poco a che vedere con l’utilità collettiva o, per essere più
precisi, con il risparmio collettivo, cioè globale, di tempo (concetto già di per sé assai discutibile,
perché è ormai evidente a chiunque che non è più questione di
guadagnare o di risparmiare tempo, bensì di conquistarlo, di reimpadronirsene). Jean Robert, in un saggio la cui prima edizione risale al 1980 (edizione italiana: Tempo rubato,
Como, 1992), dimostra con dovizia di dati e di analisi, riguardo ai
raccordi anulari, alle bretelle autostradali, alle superstrade urbane
eccetera, come il tempo risparmiato da alcuni (per esempio, coloro che
devono raggiungere in fretta un aeroporto o da lì il centro urbano) sia
in realtà rubato alla gran parte degli altri, per i molteplici
disagi che si creano per la collettività a causa della costruzione di
queste strade cosiddette a scorrimento veloce. Per maggiori
informazioni, rimandiamo a quel testo che, se è sicuramente critico
rispetto alla realtà automobilistica ed urbana e fornisce una massa di
dati non trascurabile, non ha pretese "rivoluzionarie" (Robert è
sostanzialmente un seguace di Ivan Illich). Il discorso è analogo, se
non più accentuato, per le reti di TAV. I conti da fare non sono troppo
complicati. I vantaggi, intesi come "risparmio di tempo",
riguarderebbero, ad essere ottimisti ed al massimo, non più di 40-50
000 persone sul territorio italiano, che, se può sembrare un numero
ragguardevole, ed infatti va preso con le molle poiché viene fornito
dagli stessi fautori dei TAV, è incommensurabilmente più basso rispetto
agli spostamenti usuali, quotidiani (a questo proposito si veda la Nota
nonché il già citato J.Robert) Computando le brevi, le medie e le
grandi (ancorché improbabili) distanze il "guadagno" medio di tempo può
essere valutato in circa 1 ora e dunque, come "risparmio" collettivo,
in circa 40-50 000 ore. Ma come si riesce a valutare la perdita di tempo di tutti gli altri?
(E, comunque, e lo ripetiamo quasi ossessivamente, questo criterio di
tempo non può essere proprio degli uomini ma soltanto delle merci. Far
l’amore tre ore al giorno, invece che due ore alla settimana, come
sembra essere statisticamente "provato", va considerato come una
"perdita" o come un "guadagno" di tempo? E trascorrere ore passeggiando
o viaggiando alla deriva o in osteria, invece che lavorando, come va
considerato? È evidente anche al più stupido degli stupidi "esperti"
che la valutazione del tempo – "perso" o "guadagnato"- dipende dal
senso che si da al tempo, alle sue finalità.) In ogni caso, quando ci
riferiamo a "tutti gli altri" intendiamo:
*) coloro che, viaggiando su treni locali, e venendo progressivamente
ridotti o soppressi questi servizi, saranno costretti a viaggiare in
automobile o comunque su gomma;
*) coloro che usano abitualmente i treni "normali" i quali,
evidentemente, verranno rallentati dalla preferenzialità concessa ai
TAV;
*) coloro che devono attraversare passaggi a livello o che in qualche
misura vedono il loro cammino sviato dal numero maggiore di binari e,
comunque, dalla preferenzialità data ai TAV;
*) coloro che, abitando in prossimità del percorso dei TAV, dovranno
percorrere abitualmente lunghi giri per raggiungere località magari
distanti, in linea d’aria, non più di un chilometro e quindi
"normalmente" raggiungibili a piedi o in bicicletta;
*) coloro che, usufruendo di treni "normali", dovranno sostare più
tempo nelle stazioni, sempre per la già detta preferenzialità concessa
ai TAV;
*) coloro che troveranno ancor più intasate le strade locali ed urbane
(ed in ciò vanno comprese le aree di parcheggio) per il maggior flusso
di uomini merci e, com’è probabile, di merci tout court (di minor "valore") su strade ed autostrade per le ragioni sopra esposte.
Senza indulgere ad alcuna demagogia, si può tranquillamente sostenere
che il tempo perso dalla collettività (o rubato ad essa) sarà dalle 10
alle 20 volte superiore, al minimo, a quello "guadagnato" dai fruitori
dei TAV. Cade così, e farsescamente, ogni discorso sulla pretesa utilità sociale dell’Alta Velocità.
Riguardo alla funzione ecologica
dei TAV, sostenuta da alcune parti, e tutte interessate, non
riprenderemo qui argomenti già sviluppati sinora (come il maggior
traffico automobilistico, per esempio) né quelli che vengono svolti
nella Nota. Ci interessa piuttosto un ragionamento che attiene al metodo stesso, ed assai disinvolto, con cui viene usato ed abusato il concetto di ecologia.
Può apparire convincente sostenere che un TAV inquina meno del traffico
automobilistico e via così. A parte l’inconsistenza fattuale di simili
affermazioni, dato che aumentando il traffico automobilistico "laterale" cresce anche la diffusione di biossido di carbonio e che l’inquinamento acustico
prodotto dai TAV è tutt’altro che di poco conto, vi è una notevole
"dimenticanza" da parte dei fautori sedicenti ecologisti dei TAV: il
territorio che viene letteralmente sventrato e trasformato dal
passaggio dei TAV, il tipo di microeconomia e di abitabilità locale che
risulta stravolto (e, sia chiaro, questa è solo una constatazione di
fatto e non una difesa nostalgica del passato, spesso piuttosto
miserabile), il ritmo di esistenza delle persone "attraversate" dai TAV
.
Il fatto è che nella gran parte delle impostazioni ecologistiche, o
sedicenti tali, siano esse di matrice interessata economicamente (un
esempio su tutti: la Fiat che rivendica il suo voler costruire auto
"pulite") o ideologicamente (le varie associazioni che si pretendono
ambientaliste) gli uomini, nella loro realtà materiale, corporea e
sociale, vengono assai spesso dimenticati. L’inquinamento dell’ambiente
viene frequentemente citato, e non saremo certo noi a dispiacercene, ma
il degrado dell’esistenza umana nei suoi rapporti sociali sembra quasi
trascurato, forse perché la risoluzione del problema implica prese
d’atto assai più radicali delle chiacchiere pseudo-naturalistiche. In
concreto: i TAV pensati in Italia modificherebbero, o modificheranno,
non solo il territorio ed il paesaggio, ma, attraversando zone ad alta
densità di popolazione (Lombardia, Piemonte, Emilia, Toscana eccetera)
modificherebbero, o modificheranno, lavori e costumi di vita degli
abitanti. Niente di male, tutt’altro, se questo andasse verso una
progressiva liberazione degli abitanti di quei territori, anche solo
come "guadagno" di tempo o come "risparmio" di energie. Ma ciò non è,
come si è visto. Anzi, si tratta di una maggior oppressione mentale,
economica, ambientale. Dunque, le argomentazioni riguardo alla funzione ecologica dei
TAV sono del tutto inconferenti o, come pensiamo, false. A meno che non
si abbiano, ed è probabile, dei punti di vista diametralmente opposti
sull’ecologia e sulle possibilità degli uomini.

3) L’AV, si è detto, è segnata da un carattere amministrativo
e di classe. L’elemento amministrativo è così implicito e palese che
pare quasi inutile spendervi troppe parole. L’amministrazione delle
merci, sotto specie circolativa e per il valore incorporato nella
velocità, è evidente in una società in cui la circolazione tende addirittura a
prevalere sulla produzione diretta. Ma per le merci uomini il discorso
non è molto diverso. Se nella società capitalista classica, per non
parlare delle società precedenti (assai legate al territorio o alla
terra stessa), gli spostamenti erano relativamente limitati, nella società contemporanea lo spostamento dell’uomo è un elemento fondativo del processo di valorizzazione,
si tratti di lavoro, di affari, di vacanze eccetera. Poiché oggi
tendenzialmente si riproducono, con successive modificazioni, le stesse
merci è proprio sul piano della circolazione che si produce valore,
ancorché, evidentemente, fittizio e drogato. Ma sono gli uomini a dover
intervenire, come organizzatori e controllori, in questo processo. La
merce uomo deve spostarsi rapidamente per superare in velocità il processo lavorativo medesimo, nonché quello circolativo, of course.
Il mercante neomoderno che si fa produrre le scarpe a Taiwan deve
essere più rapido dei medesimi produttori di scarpe, onde controllare
il processo, e anticipatore del commercio stesso, in quanto egli è veicolo e stimolatore della
circolazione. L’alta velocità, nella fase neomoderna, sta
all’amministrazione come il semplice trasporto delle merce uomo stava
alla grande fabbrica.

Il carattere di classe dell’AV non è dato soltanto
dal fatto che questo tipo di treni verrà usato essenzialmente da
imprenditori, manager, dirigenti e ricchi vari e non da "viaggiatori
normali" o dai proletarizzati, ma soprattutto per la sua
funzione, cioè per l’adeguamento al ruolo delle singole figure sociali.
Se, per esempio, il tal conduttore televisivo preferisce muoversi in
treno invece che in auto, e certo non gli manca né l’auto né l’autista
né, dati i tempi, la scorta, non è tanto perché ha i quattrini e può
pagarsi il biglietto, quanto piuttosto perché il suo ruolo all’interno
della riproduzione spettacolare esige una presenza rapida, come
rapidissima dev’essere l’intossicazione spettacolare. Per divisione di classe non ha da intendersi, quindi, semplicemente la
stratificazione economica e/o gerarchica, ma piuttosto la ripartizione
dei compiti e dei ruoli nella società capitalista neomoderna e nel suo
corrispettivo politico, lo Stato
. In Italia, in specie, il TAV
funzionerà soprattutto per gli amministratori, pubblici e privati, per
i gestori della politica come dello spettacolo propriamente detto, dei
commercianti di merci o di idee (nonché di merci materiali e di idee
materializzate) e, forse, di taluni curiosi o frettolosi. La sua
destinazione indica bene il nuovo interesse di classe. Se, per esempio,
l’Orient Express veniva prevalentemente usato da viaggiatori ricchi ma ancora curiosi,
i TAV saranno usati da merci uomini che, se potessero, si sposterebbero
da un luogo ad un altro alla velocità della luce, dunque non viaggiatori né tanto meno curiosi. Questo è ciò che intendiamo per carattere di classe.

 

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