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CONTRIBUTO AL DIBATTITO POST-CORTEO DI VICENZA

ntervengo solo ora nel dibattito sulla manifestazione di Vicenza del
15/12/07 in quanto, leggermente restio alla rete Internet, ne ero
all’oscuro. In seguito alla lettura di vari testi di diversa natura sul
tema ho deciso di intervenire ed esprimere il mio pensiero.
Non ero presente al corteo del 17/2/07 a Vicenza contro la base Dal
Molin, ma ho voluto esserci il 15 dicembre, dopo aver saputo che si
stava preparando un tentativo autoorganizzato d’occupazione della base.
Ho voluto esserci anche perché questo tentativo me ne ha ricordato un altro accaduto il 18/05/1986, di cui scriverò in seguito.
Ai giorni nostri non c’è movimento, gruppo, partito, governo o banda di
criminali legalizzati che non abbia scritta sulla propria bandiera la
parola pace.
Di pace parla il governo italiano (oggi centro-sinistra, ieri
centro-destra) nel momento di inviare in Jugoslavia, Kosovo, Albania,
Iraq, Afghanistan… i suoi carri armati; di pace parla il governo
israeliano, mentre massacra uomini, donne e bambini; di pace parlano i
governi degli Stati Uniti e Gran Bretagna (l’operazione Enduring
Freedom è solo un esempio); di pace parlano anche milioni di giovani e
lavoratori che colorano le piazze giocando a fare i giocolieri,
ballando al ritmo dei tamburi, mentre in paesi lontani si balla per
schivare le pallottole dei cecchini o saltando su mine anti-uomo di
fabbricazione italiana, sotto i bombardamenti di aerei partiti da basi
occidentali… proprio come quella che sarà il Dal Molin, se non
riusciremo a fermarla. E a ben pensarci, potremmo facilmente
comprendere come questa cosiddetta pace non sia altro che la forma
concreta e duratura del conflitto armato imperialista, tanto che si
potrebbe ben dire, parafrasando un vecchio motto: se vuoi la guerra,
prepara la pace.

I movimenti pacifisti portano, oggi come ieri, sulle proprie spalle
la gravissima responsabilità di essere la punta avanzata dello
schieramento che si batte per la conservazione della situazione sociale
così com’è.
Agitando lo spettro della guerra al “terrorismo”, dell’emergenza
immigrati, ecc., il potere fa leva sui più atavici sentimenti di paura
della gente per non farla pensare alle enormi spese militari e ai
crimini che lo Stato stesso commette, oltre frontiera come al proprio
interno (vedi CPT, mattanza a Genova ’01, 41bis).
Come si fa a non pensare che la costruenda base USA di Vicenza sarà
fucina di morte d’intere popolazioni inermi? E se si arriva a mettere
insieme questo pensiero, come si può credere che possano bastare
1-10-100 cortei-sfilata a fermare questi lavori? Sfilate magari a
braccetto con alcuni partiti di governo che, con la loro presenza sotto
forma di bandiere rette da militanti di base più o meno ingenui,
portano il loro contributo al rafforzamento di quel sistema di potere
che ha creato e che incrementa gli arsenali atomici, che avalla lo
sterminio d’intere popolazioni.

Voglio dirlo ben chiaro: i migliori alleati degli Stati guerrafondai
sono proprio coloro che li contestano senza metterne in discussione
l’esistenza, perché in questo modo avallano la criminalizzazione di una
possibile alternativa all’interno delle lotte in corso.
Alternativa che il 15 dicembre a Vicenza poteva essere rappresentata
dalla deviazione del corteo in direzione dell’aeroporto Dal Molin
perché… se non quel giorno, quando?

Deviazione già praticata a Trino Vercellese il 18 maggio del 1986
quando, nel corso di una manifestazione antinucleare, il corteo si
spaccava in due tronconi distinti. Da una parte le forze politiche
istituzionali, le associazioni in difesa dell’ambiente e i comitati per
la pace. Dall’altra, un grosso troncone del corteo decideva d’imboccare
la strada che portava ai cantieri della centrale nucleare.
Quel giorno, anche se l’occupazione non riuscì, si evidenziò la
diversità di contenuti, di metodi e di modi di rapportarsi contro i
signori della morte. Diversità che si concretizzò cinque mesi dopo,
allorquando, durante il corteo del 10 Ottobre, uno spezzone
autoorganizzato distrusse le strutture (ruspe, escavatrici,
trivellatrici, containers) presenti all’interno del cantiere della
centrale nucleare in costruzione, esprimendo la volontà di opporsi ai
progetti di morte e di terrore dello Stato e del capitale e di rompere
l’immagine della manifestazione simbolica, programmata in ogni suo
dettaglio dalle forze istituzionali organizzatrici, in accordo con
l’ENEL e gli enti locali. Inoltre, con il cospicuo lancio di uova di
vernice avvenuto davanti al Municipio di Trino Vercellese, aveva voluto
manifestare il rifiuto di delegare la lotta antinucleare alle
istituzioni e ai loro complici.

“le occasioni non ci fanno essere ciò che siamo,
ma mostrano chi siamo”
(Mme de Longueville)

Il 15 Dicembre si è persa un’occasione, ma altre non mancheranno di
certo. Anche perché i progetti terroristici degli Stati non si limitano
a Vicenza e a Novara (base di assemblaggio per gli sterminatori F35),
ma continuano con le opere di devastazione dei territori e saccheggio
delle risorse (TAV, Bre.be.mi., Expo 2015, inceneritori, discariche e
nefandezze simili).
E allora, forse, chi in buona fede ha tirato dritto quando veniva
invitato a deviare il percorso, chi ha tradito gli accordi
precedentemente presi cedendo alle minacce mafiose dei capi
disobbedienti, chi ha deciso di accodarsi alla “volontà popolare dei
vicentini”, chi si era illuso del conflitto annunciato per poi vederlo
spettacolarizzato e cogestito con la questura… forse la prossima volta
farà da sé.
Certo, le difficoltà che ci troveremo di fronte saranno enormi, sia dal
punto di vista organizzativo che da quello difensivo, ma tra la scelta
di affrontarle e quella di nascondere la testa sotto la sabbia come gli
struzzi, vi è un’enorme differenza: la stessa che passa tra una
confortevole illusione ed testardo sogno ad occhio aperti.

2/1/08 un antimilitarista milanese

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