fonte http://bloggo.oziosi.org/inforiot
Sabato 15 dicembre
ero a Vicenza, per dare il mio contributo alla lotta popolare di
opposizione all’ennessimo progetto di morte e di sacrificio in nome del
capitale e del suo rinnovamento continuo. Sono contro la base militare,
o meglio contro tutte le basi e gli eserciti. Sono contro la guerra e
la società che la crea, che la regola, che la spaccia per ciò che non è
(una tragica necessità di cui limitare i danni) e che la gestisce per
ciò che è: uno dei volti della programmazione dell’economia da parte
dello stato.
A differenza del corteo del 17 febbraio la partecipazione è stata,
seppur notevole, più scarsa. Si è infatti trattato di un corteo
organizzato "autonomamente" dal movimento, senza l’ampia partecipazione
degli sciacalli della sinistra, sempre buoni a scendere in piazza per
controllare le lotte e recuperarne le rivendicazioni, per poi votare
finanziarie di guerra ed assecondare totalmente i progetti guerrafondai
della borghesia. A parte l’influenza comunque forte della politica
istituzionale sul movimento e sull’organizzazione "autonoma" della
manifestazione, c’è stata un’altra differenza: questo corteo era molto
più "statico", organizzato in minuscoli spezzoni di rappresentatività,
sezionato da servizi d’ordine in miniatura, armati di stuzzicadenti,
ideologia, autoreferenzialità. Il corteo di febbraio era invece
mescolato, confuso: insomma un gran casino di cattolici pacifisti,
studenti comunisti, anarchici, centri sociali, cittadini di sinistra
entusiasti per una presunta scintilla di rinascita etica della
popolazione.
A mio parere, la sola differenza numerica, seppur notevole, non giustifica un tale scarto nella "geografia" del corteo:
– Intanto c’è da considerare che i partiti hanno ormai da tempo dato
l’aut-aut ai propri militanti di base, risulatati alla manifestazione
di febbraio poco controllabili e un po’ troppo sinceramente interessati
alla questione. Il messaggio è stato chiaro: lasciar perdere la lotta
di Vicenza (la base si fa, punto e basta, altrimenti, cade il governo,
bla bla…).
– Ma soprattutto in questi mesi sono andati scemando la speranza, il
desiderio di ribellione e di riscatto per le insoddisfazioni e le
miserie delle lotte e delle vite. Più brutalmente possiamo dire che una
carnevalata (promossa dopo l’approvazione della finanziara di guerra),
per sostenere una inutile moratoria, valeva a malapena le 60000 persone
che ha portate in piazza, figuriamoci poi se dovevano essere pure
entusiasti… infatti ognuno si è chiuso nella propria ideologia o
micro-organizzazione gruppettara (partitica, anarchica, socialista…),
per una partecipazione ideologicamente doverosa alla parata mediatica
nazionale.
La "questione Vicenza" è diventata un ingombrante specchio delle
difficoltà generali nel rendersi autonomi dai partiti e dai loro
luogotenenti nel movimento (e nel presidio permanente).
Tuttavia, ci sono da riscontrare almeno due fatti positivi ed importanti, oltre alla consistenza numerica
1) Verso la fine del corteo un nutrito gruppo di manifestanti contesta rumorosamente, al grido di Rifondazione: collaborazionista!,
uno spezzone del corteo con numerose bandiere di PRC. I servi della
sinistra borghese italiana inizialmente fanno blocco ed insistono nello
sventolare le loro bandiere, ma di fronte alla determinazione dei
compagni decidono di ritirarle, non dopo essersi prodigati in argute
asserzioni in difesa della loro presenza al corteo, del tipo: Ma andate a lavorare!.
Una nota che non sorprende: per buona parte del tempo in cui i due
gruppi si "fronteggiano", alcuni dalla parte di Rifondazione innalzano
macchine fotografiche (volontari "media-ttivisti", delatori
"in-volontari"…)
2) Un gruppo di qualche centinaio di compagni verso metà corteo tenta
una deviazione per raggiungere l’aeroporto, invitando tutti a
partecipare e a disertare una manifestazione che sembra più che altro
una sagra di paese. Tra cordoni (e minacce) dei disobbedienti, alcuni
"compagni" che si erano presi impegni specifici e si sono defilati
all’ultimo momento ed evidenti difficoltà organizzative, il gruppo
rimane tagliato fuori dal corteo ed il tentativo fallisce.
È sicuramente necessario ragionare sulle carenze ed i limiti di questo tentativo.
Allo stesso tempo è necessario, nelle forme più disparate a seconda
delle situazioni, continuiare, insistere, lottare per proporre un
percorso di lotta che apra uno spiraglio di speranza verso un movimento
autonomo, verso una pratica autogestionaria che faccia piazza pulita di
sciacalli, dirigenti e leaders.
Cosciente di quanto questo mio intervento affronti soltanto alcuni
aspetti della questione, in modo forse confuso, invito altri compagni
ad esprimersi a proposito della manifestazione di Vicenza, nei luoghi e
modi che ritengono opportuni; inoltre sottoscrivo pienamente l’analisi
proposta dai compagni di Rovereto nell’intervento che riporto in seguito.
Varese, 19/12/2007
Un disertore.