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Genova, luglio 60
Categories: Genova G8
Il significato dei fatti di luglio
di Danilo Montaldi
[…] I fatti di luglio sono stati giudicati da buona parte della stampa
nazionale come “un tentativo rivoluzionario da parte di teddy-boys e di
masse esasperate”
e questa opinione è stata ripresa anche da certi “uomini di sinistra”
preoccupati che non venisse loro attribuita la responsabilità degli
avvenimenti, dato che veniva orchestrata la campagna come se si fosse
trattato di un tentativo di colpo di
Stato comunista.

I fatti di luglio non sono stati “un tentativo rivoluzionario”; sono stati un’azione di difesa, ma svoltasi questa volta su un piano di classe. A Genova i giovani, i lavoratori, hanno inteso difendersi con i propri mezzi, con i propri metodi, non hanno questa volta delegato nessuno,
hanno applaudito i discorsi dei dirigenti politici quando questi hanno
parlato di lotta; ma nello stesso tempo non hanno aspettato che
arrivasse l’ordine dall’alto (che non sarebbe arrivato,
come non è arrivato); hanno stabilito nell’azione una propria, profonda unità; e hanno tratto, infine, un insegnamento dall’azione condotta.
Si è parlato quindi di teddy-boys e di masse esasperate. Ma anche
questo è un giudizio interessato. I ragazzi di Genova che hanno
bruciato le camionette della Celere erano dei giovani che sanno quello
che fanno; sono operai
e studenti che hanno maturato un profondo disprezzo nei confronti del
potere che grava su ogni momento della loro vita di giovani
.
I fatti di luglio sono la prima manifestazione di classe della nuova
generazione cresciuta nel clima del dopoguerra: da parte della classe
dirigente non sono stati risparmiati mezzi perché i giovani rimanessero
imbrigliati nel sistema, ma i fatti di luglio hanno dimostrato che i
giovani rifiutano questo sistema.
Sempre, da parte borghese e
opportunista, quando avvengono fatti di piazza si parla di “masse
esasperate”. I borghesi per ovvie ragioni; e gli opportunisti lo fanno
per semplificare, così, il problema, e per dimostrare che senza la loro
guida illuminata non si risolve niente. Ma
i lavoratori, se sono di qualcosa “esasperati” è di sentirsi trattati
nel lavoro, nella vita pubblica, nei partiti, nei sindacati, come gente
che va costantemente guidata.
Questa volta hanno voluto guidare loro stessi la lotta e l’hanno portata sul proprio piano, di classe.
Si sono mossi i lavoratori della Liguria, dell’Emilia, del Piemonte, i
lavoratori dell’area cosiddetta evoluta del Paese, dove ugualmente il
potere borghese non si è risparmiato in 15 anni per intralciare l’urto
di classe del proletariato; entro quest’area il livello di vita dei
lavoratori, grazie alle lotte passate, è piuttosto
elevato nei confronti del resto [del territorio] nazionale, ed è in
quest’area che viene praticata la politica del neocapitalismo tendente a risolvere la lotta di classe in termini di consumo e di benessere.
Entro quest’area ci sono isole “privilegiate” dove tale politica ha
funzionato per anni; tuttavia è stato proprio da quelle isole che è
partita la risposta di piazza. Non erano lavoratori, quelli scesi
contro la polizia nelle giornate tra giugno e luglio, esasperati dalla
fame e dalla miseria; non erano lavoratori in preda all’elementare
bisogno del pane; sono operai industriali, cui il lavoro non manca, i
quali hanno dimostrato che quando cessa la fame e la miseria non cessano i motivi per mettersi contro l’attuale società, le classi
che la governano, e la polizia che la difende.
Situata dunque su questo terreno, la difesa dei lavoratori e dei
giovani che ha avuto inizio da Genova è stata in Italia la
manifestazione politica più notevole
degli ultimi anni proprio per le modalità nelle quali si è svolta e per
le qualità classiste dei suoi protagonisti: i lavoratori delle zone
industriali.
Ai fatti di luglio la borghesia
nazionale, che già cantava da anni vittoria contro una classe operaia
che si sarebbe appagata di alti salari, frigoriferi e ferie
pagate, ai fatti di luglio la “generosa” borghesia nazionale ha reagito
facendo sparare sui lavoratori. Ai fatti di luglio gli opportunisti,
che in nome del
“progresso raggiunto” escludevano che si potesse ancora ricorrere
all’agitazione di piazza e cercavano di convincere tutti che soltanto
in Parlamento possono essere condotte azioni efficaci, ai fatti di
luglio gli opportunisti hanno reagito cercando di diminuire la portata
degli avvenimenti affinché non gliene venisse attribuita la
responsabilità.
Nei fatti di luglio i lavoratori,
i quali sanno perfettamente che non si dà alcun progresso reale senza
il loro diretto intervento sul terreno sociale
, i lavoratori
hanno detto no non soltanto al potere borghese ma anche agli
opportunisti: a Genova è stata capovolta anche l’automobile della
Camera del Lavoro dalla quale si lanciavano appelli perché l’azione
venisse fermata, a Roma un burocrate del PCI che faceva opera crumira
di “convincimento” ne è uscito con la testa rotta, altrove si sono
verificati scontri tra lavoratori e sindacalisti che volevano rimandare
tutti
a casa, dovunque l’interessata indecisione dei partiti di sinistra e
del sindacato è stata criticata dai lavoratori e dai giovani.
Di tutti questi fatti va condotta un’analisi che possa liberarne l’interno significato politico. 
[da “Quaderni di unità proletaria”,
Cremona, 1960]

 

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