Al di là delle dichiarazioni, tutti i partiti dell’arco parlamentare hanno rivelato da che parte stanno.
L’esperienza della partecipazione della cosiddetta sinistra radicale
al governo Prodi ha ampiamente confermato ciò che era prevedibile: il
prevalere dei poteri forti sulle promesse di libertà e uguaglianza. La
"sinistra arcobaleno" ha la pesantissima responsabilità di aver tradito
le aspettative di chi subisce la dittatura del mercato, di chi nel
mercato e dal mercato continuerà ad avere la vita macinata. Ora, in
periodo elettorale, fa di nuovo la voce grossa e chiede il sostegno di
comitati e movimenti. Dopo aver approvato le missioni e le Finanziarie
di guerra, dopo aver votato per i CPT, il TAV, i rigassificatori, gli
inceneritori, le leggi razziste, chiede ancora fiducia. Non
concediamole alcuna legittimazione.
abbia sufficientemente dimostrato di saper integrare e svilire ogni
opposizione interna. La brama di potere pesa, il privilegio anche. La
pratica dei compromessi parlamentari ha corrotto – in epoche di grande
effervescenza sociale – donne e uomini che avevano temprato la propria
fibra morale durante la Resistenza, l’esilio, il carcere. Quale
"fedeltà ai princìpi" volete che mantengano, nel dilagante conformismo,
coloro che ci chiedono il voto oggi?
Il fatto è che non è possibile alcun cambiamento di rotta aspirando
ad amministrare il presente ordine sociale, politico, economico,
tecnologico. Quando si è a bordo di un treno lanciato ad alta velocità
verso il collasso ecologico e sociale, non ha senso chiedersi qual è il
colore della casacca del macchinista, oppure se tutti hanno pagato il
biglietto, o se i sedili sono confortevoli. C’è un solo gesto sensato:
tirare il freno di emergenza.
Chi si batte contro le nocività non può che rifiutare il proprio
consenso a chi le nocività le produce, le vota, le finanzia. Lottare
contro le scelte di partiti che si è contribuito ad eleggere, eleggere
i partiti contro le cui scelte lotteremo domani non è forse assurdo?
Ancor prima di una questione di pratica sociale, è un problema etico,
di dignità: non collaborare con ciò che si considera ingiusto.
Se il rifiuto dei partiti parlamentari si è assai diffuso tra i
comitati dal basso, sembra invece serpeggiare una "nuova" illusione: le
liste civiche.
Permane, cioè, l’idea che in discussione non sia un intero sistema
sociale, bensì il personale politico che lo amministra, o la
trasparenza democratica del suo amministrare. L’esperienza dei Verdi
tedeschi dovrebbe illuminare. All’inizio erano sostanzialmente delle
liste civiche. Oggi votano i bombardamenti "umanitari" (inaugurati nel
1999 con la guerra ai danni della popolazione serba, condotta anche dal
governo tedesco di cui erano parte).
Tra i comitati di lotta e la partecipazione istituzionale è
necessaria una linea netta di demarcazione. In caso contrario, oltre ad
affossare l’autonomia delle lotte, si insinua il sospetto che queste
ultime siano finalizzate e strumentalizzate a scopi elettorali. Si
tratta di un veleno pericoloso e per nulla sconosciuto. Tant’è che per
prevenire le immancabili obiezioni, si presenta la scelta elettorale
con un linguaggio nuovo e accattivante. Ma dire che si ricorre alla
delega per favorire la partecipazione, affermare che si vuole
sperimentare l’autogestione entrando nei consigli comunale vuol dire
confondere le carte. Partecipare al sistema rappresentativo è
rappresentanza. Anzi, le liste civiche sono oggi l’ultima àncora di
salvezza fornita alla "crisi della rappresentanza".
I vari comitati contro le nocività hanno dalla loro una preziosa
caratteristica: quella di dire "NO". Tutti si trovano su di un
obiettivo preciso, rispetto al quale non è possibile alcuna mediazione.
Il TAV si fa o non si fa. Una base militare si fa o non si fa. Se
invece un comitato diventa una lista civica, dovrà affrontare mille
problemi diversi da quello per cui era nato. Problemi che non si
conoscono in anticipo, sui quali quindi la delega rimane in bianco. La
lotta permette quella partecipazione che la routine dei consigli
comunali tende, nel tempo, a scoraggiare. E poi, quando si hanno dei
consiglieri, perché non volere anche un assessore? Eccoci così
imprigionati nell’amministrazione di ciò che esiste. Non solo. Perdendo
rispetto all’obiettivo iniziale (il NO TAV, il NO alla base, ecc.), si
potrà sempre dire che però si sono ottenute tante altre cose: piste
ciclabili, parchi, nuovi statuti comunali, bilanci partecipativi, ecc.
La specificità e la non negoziabilità degli obiettivi sono tra le poche "garanzie" contro l’opportunismo politico.
Senza contare che la partecipazione elettorale ha, per quanto
riguarda le lotte, la sua ricaduta psicologica e sociale. Essa alimenta
l’illusione che si possa raggiungere l’obiettivo (impedire la
costruzione di una base militare, di un inceneritore, di un
rigassificatore, ecc.) con il 50 per cento più uno dei voti. Nel caso
di opere in cui gli interessi in ballo sono enormi l’illusione è
evidente. Ma essa, ben funzionale alle mire politiche di alcuni,
incontra anche l’inconfessata speranza dei più che sia possibile
ottenere certi risultati senza rischiare in prima persona.
Non dovremmo illuderci a vicenda.
"Cambiare come, allora?", chiederà qualcuno.
Bella domanda, a cui dovremo continuare a rispondere individualmente
e collettivamente. Scoprendo ed affermando ciò per cui ci battiamo,
certo, ma precisando anche ciò che non siamo e ciò che non vogliamo.
Nessuno se ne avrà a male, dunque, se diciamo fin d’ora, nel nostro
piccolo, dove continueremo a cercare, da appassionati e testardi, i
nostri compagni di viaggio.
Imboccando la strada asfaltata della partecipazione istituzionale non si va dove si vuole andare, ma dove porta la strada.
Preferiamo battere altri sentieri.
Trento, marzo 2008
Spazio aperto NO Inceneritore NO TAV
P.S. Ci piacerebbe conoscere il parere di altri comitati e non solo su queste nostre riflessioni.