SCRITTO TRATTO DALLA RIVISTA INSUREZZIONE (fine anni settanta)
"Qualunque manifestazione autonoma del proletariato (per quanto inquinata da ideologie nazionaliste o democratiche come quella di Varsavia del 1944) suscita contro di sé l’offensiva unitaria del capitale mondiale, al di là dei conflitti stessi che in quel momento ne dividono le componenti. In genere è stata la frazione del capitale storicamente e militarmente perdente ad assumersi i compiti repressivi, benché in questo modo finisse per favorire la completa affermazione del suo concorrente. A sua volta, la frazione del capitale che si apprestava a imporre il proprio dominio ha sempre concesso in queste occasioni tregua e appoggi ai nemici che si accollavano lo sporco lavoro di sterminare migliaia di proletari.
Così, nel 1944, quando all’approssimarsi delle armate sovietiche, il proletariato di Varsavia insorge contro la occupazione tedesca, Hitler impegna il meglio delle proprie truppe per annientare la resistenza della città che dovrà ineluttabilmente abbandonare ai Russi poco tempo dopo, mentre Stalin blocca l’avanzata delle forze sovietiche per dare ai nazisti il tempo di completare la loro opera di morte. Ricordando Varsavia con la pubblicazione di questo articolo apparso anonimo su "Battaglia Comunista" del 1953-54, non vogliamo solo diffondere un documento sulla politica internazionale dello stalinismo, la cui tradizione e la cui pratica sono tuttora ben vive nei partiti e nei gruppi della sinistra. Vogliamo anche ricordare quale può essere il ruolo del pci e dei suoi sgherri gruppuscolari nei confronti del movimento rivoluzionario esistente oggi in Italia: quello di nemici implacabili, del tutto incuranti di aprire la strada ad altre forze ed ideologie del capitale, ed anzi tanto più zelanti nel soddisfare le proprie brame repressive, quanto più si avvicini, per loro stessi, il giorno della sconfitta e dell’emarginazione. [Nota redazionale d’"Insurrezione".]
La quarta spartizione
della Polonia (le precedenti avvennero ad opera della Russia, Austria e
Prussia rispettivamente il 5 agosto del 1772, 4 aprile 1773, 24 ottobre
1795) fu sanzionata dalla Germania Hitleriana e dalla Russia stalinista
col patto di non aggressione russo-tedesco del 23 agosto 1939. Operando
di conserva con le armate naziste già padrone di metà del territorio
polacco, le truppe sovietiche attaccarono ed invasero dall’est la
Polonia il 17 settembre 1939.
La spartizione diventava
così un fatto storico. Applicando altre clausole segrete del patto
Molotov-Ribbentrop le truppe russe occuparono altresì la Bucovina, la
Bessarabia, gli stati baltici. Il patto russo-tedesco che la
storiografia aulica del Cremlino ha tentato, a partire dal giugno 1941,
di presentare come un espediente machiavellico adoperato per guadagnare
tempo non fu limitato alla sistemazione territoriale della preda di
guerra. In base ad esso furono concordati gli accordi commerciali, per
cui la Russia fornì alla Germania forti quantitativi di petrolio,
carbone, cotone grezzo e minerali necessari all’alimentazione della
produzione di guerra nazista. Francia, Belgio, Olanda, Norvegia,
Iugoslavia e Grecia successivamente piegate e sommerse dall’invasione
nazista, lo furono anche per gli aiuti materiali offerti dalla Russia
al governo di Hitler. Ben vero è che oggi il governo di Mosca si
presenta come il governo protettore paterno dell’indipendenza di queste
nazioni contro l’imperialismo americano ed ogni volta che al parlamento
Francese è di scena il riarmo tedesco nell’ambito della ced, stalinisti
e gollisti reclamano la rimessa in valore del patto franco-russo,
firmato al Cremlino dal generale De Gaulle e da Bidault nel natale del
1944. Ma il fatto inoppugnabile resta: dal settembre 1939 al giugno del
1941, la coalizione Germania-Russia concordemente si spartì l’Europa,
riservando solo a se stesso il diritto alla indipendenza nazionale. Di
questo avviso non furono le borghesie nazionali spodestate e le
nazionalità proscritte e oppresse dagli invasori. La reazione
all’occupazione doveva effettuarsi però nelle forme e nei modi tipici
della classe borghese, imposti dalle esigenze della dominazione di
classe. Da una parte si lavorò a costituire governi di paglia, i
cosiddetti governi "Quisling", volontariamente assoggettati al volere
delle autorità militari occupanti; dall’altra si utilizzò scaltramente
la disperazione e la rivolta degli strati inferiori delle popolazioni,
delle classi lavoratrici affamate e dissanguate da una guerra feroce,
ai fini della resistenza nazionale e nazionalista contro gli invasori.
Le borghesie calcolando che una pace dettata dalla coalizione
russo-tedesca era un’eventualità improbabile, per cui urgeva
predisporre le condizioni per un loro futuro inserimento nella opposta
coalizione Stati Uniti-Impero britannico, impiantarono audacemente un
pericoloso doppio gioco; ma si guardarono bene dall’addossarsi il ruolo
più pesante e sanguinoso che fu addossato alle classi lavoratrici,
intrappolate nelle insidie pseudopopolari del partigianesimo. La
repressione delle potenze occupanti si disfrenò con micidiale
spietatezza. Alleati nella guerra, soci nello sfruttamento economico
delle terre occupate, Germania e Russia ad onta delle pretese
differenze ideologiche, condussero con altrettanta concordia la
repressione della resistenza nazionale polacca ed in seguito
schiacciarono l’insurrezione proletaria di Varsavia.
Se gli Stati Maggiori
russo e tedesco avevano, nel settembre del 1939, proceduto ad occupare
e spartirsi la Polonia, secondo un piano preordinato, le polizie di
stato non funzionarono con minore accordo. Nel marzo del 1940,
funzionari della Gestapo (la famigerata polizia politica nazista, che
in seguito Mosca doveva accusare dei peggiori delitti e fare
severamente giudicare al processo di Norimberga) si incontrarono con
una delegazione della nkvd (la polizia speciale di Beria) per
concordare un piano di repressione comune diretto a schiacciare le
organizzazioni clandestine polacche. Gli staliniani che dopo la rottura
del patto russo-tedesco dovevano creare attorno a se stessi una
meravigliosa mitologia partigiana, stettero assolutamente tranquilli
durante l’occupazione russo-tedesca della Polonia. Un libro sulla
resistenza polacca recentemente apparso L’historie d’une armée secrete
di Bor-Komorowsky, ci fa conoscere che su 168 pubblicazioni antinaziste
in Polonia, solo nel novembre 1941, cioè a cinque mesi dallo scoppio
della guerra tra gli ex alleati Russia Germania e a 20 mesi
dall’occupazione tedesca, apparve un foglietto clandestino staliniano.
Lo scrittore del libro, un polacco rifugiato in Francia, deve essere
nelle grazie dei ministeri degli esteri occidentali, ma ciò non toglie
che quanto dice sull’atteggiamento degli staliniani polacchi all’epoca
della occupazione russa della Polonia corrisponde alla verità.
Accettando l’occupazione russa della Polonia orientale, gli staliniani
non potevano opporsi all’annessione della parte occidentale di essa che
i tedeschi avevano effettuato d’accordo con i russi. I risultati della
collaborazione tra Gestapo e nkvd, si videro nella cruenta campagna
antisemita, che culminò nella distruzione del ghetto (quartiere
ebraico) di Varsavia, commessa dai nazisti, e nel massacro di Katyn che
costò la vita a migliaia di ufficiali polacchi che i gendarmi del nkvd
soppressero in una colossale esecuzione di massa. Ognuno nella sua zona
di occupazione, e in vista di un obbiettivo comune, gli occupanti russi
e tedeschi provvidero a sbarazzarsi del nemico interno, l’ebraismo e il
nazionalismo militarista polacco. Nel 1944, nonostante lo stato di
guerra, gli ex alleati dovevano condurre al di sopra del fronte, una
terribile e sanguinosa operazione di polizia contro la Comune di
Varsavia insorta contro l’occupante tedesco, ripetendo così i nefasti
della politica dei Prussiani e francesi federati contro la Comune di
Parigi nel 1871 nonostante l’armistizio, nonostante la vergogna di
Sedan.
Il Cremlino, fin
dall’aprile del 1943, allor quando il governo nazista denunciò il
ritrovamento di migliaia di cadaveri di ufficiali polacchi nelle fosse
comuni scoperto nella foresta di Katyn, situata nella Polonia orientale
occupata dai russi fino al giugno del 1941 ed accusò la nkvd di aver
perpetrato il massacro orrendo, fin d’allora il Cremlino rispose
furiosamente respingendo la tremenda accusa. Ma come può negare la
soppressione in massa degli ebrei che, almeno nei primi tempi, fu
operata con la tacita complicità delle autorità militari russe dalla
Gestapo tedesca? A quell’epoca Russia e Germania erano alleate;
dominavano insieme sulla Polonia; svolgevano sul piano internazionale
una politica comune convergente. Se la strage di Katyn fu uno
stomachevole macello di poveri cristi inermi e legati, condotti
sull’orlo delle fosse comuni e fattivi precipitare con una pallottola
nella nuca, la distruzione del ghetto di Varsavia, che costò la vita di
400.000 ebrei di ambo i sessi e di ogni età, avvenne nel corso di una
furibonda lotta nelle strade, nelle cantine e nelle fogne. Fu una
guerra atroce tra gendarmi trasformati per rabbia in belve antropofaghe
e combattenti votati per disperazione a un suicidio assetato di
vendetta. Il massacro sistematico degli ebrei cominciò sin dall’inizio
dell’occupazione germanica. I nazisti procedettero anzitutto ad
eliminare le comunità ebraiche delle città meno importanti,
trasferendole in massa nei grandi centri abitati. In conseguenza di
ciò, all’inizio del 1942, il ghetto di Varsavia conteneva 400.000
persone, uomini donne e bambini che vivevano in spaventose condizioni
per la promiscuità e la miseria. Le autorità tedesche concedevano
quattro libbre e mezzo di pane a persona per un mese. Si otteneva così
di sopprimere per fame migliaia di persone tenendo le armi nei foderi.
130.000 ebrei prelevati nel ghetto di Lublino sparivano nel campo di
concentrazione di Belzec, uccisi nelle camere a gas. Durante i mesi di
luglio e agosto le stragi continuarono: ebrei condotti nei campi di
Belzec, Salilor, Treblinka, ricevevano l’ordine di spogliarsi
completamente, venivano introdotti nelle camere a gas, sepolti nelle
fosse comuni scavate da mezzi meccanici nel folto delle foreste. Le
notizie agghiaccianti delle stragi giungevano nel ghetto di Varsavia
facendo conoscere agli abitanti la crudele sorte che li attendeva.
Erano presi in trappola: non esisteva altra possibilità tranne quella
di scegliere tra la morte nelle camere a gas o l’uccisione in
combattimento. La notte del 19 aprile 1943, una compagnia di ss penetrò
nel ghetto, ma venne accolta da un nutrito fuoco di fucili e di
mitragliatrici. Certi di essere uccisi se presi prigionieri gli ebrei
avevano deciso di morire con le armi in pugno. Si difesero con furioso
eroismo, sfidando per sette giorni dal lunedì di Pasqua al sabato, il
fuoco micidiale dei cannoni puntati a distanza ravvicinata contro le
case del ghetto, gli incendi applicati dai guastatori, le bombe
lacrimogene. Alla fine di maggio l’ultima casa fu distrutta, l’ultimo
ebreo ucciso. La propaganda diretta da Mosca ha sollevato in occasione
dell’esecuzione dei coniugi Rosemberg di origine israelita, fieri
attacchi al governo americano accusandolo di fomentare l’antisemitismo.
L’odio di razza specie contro i negri, macchia di infamia la borghesia
americana. Ma è altrettanto vero che la campagna di sterminio condotta
dai nazisti contro gli ebrei polacchi, fu iniziata fin dall’epoca in
cui i Russi occupavano in condominio la Polonia e la Gestapo si
consigliava con la nkvd. La Santa Alleanza stalino-nazista sperimentata
contro gli ebrei e i nazionalisti rivoltosi, doveva ripristinarsi,
malgrado lo stato di guerra tra Russia e Germania, contro il
proletariato di Varsavia insorto eroicamente contro i carnefici
hitleriani. La Comune di Varsavia dell’agosto 1944 rappresentò, nella
bestiale carneficina di popoli-armenti che fu la seconda guerra
mondiale, l’unico esempio di eroismo collettivo. Infatti non fu lo
scontro stritolatore di mostri meccanici trascinatisi dietro
moltitudini inebetite e passive che caratterizzò la battaglia degli
eserciti; fu l’eroica follia di una lotta di uomini armati di bottiglie
incendiarie e di bombe a mano contro le colonne motorizzate e blindate
della Werhrmacht resa furiosa per la vittoriosa offensiva del
maresciallo Rokossowskj, le cui truppe avanzanti da giugno su un fronte
di 400 chilometri erano giunte il 23 luglio alle porte di Varsavia,
nello stesso tempo che gli americani allargavano la testa di ponte in
Normandia. Tanto più infame doveva essere il comportamento dei russi,
di fronte alla insurrezione proletaria scoppiata dentro Varsavia il 1°
agosto, più vergognosa ancora della condotta dei nazisti, i quali
potettero annegare nel sangue e quale sangue!, la rivolta solo per
effetto della decisione del governo di Mosca di bloccare l’avanzata del
maresciallo Rokossowskj. Si ha la scellerata associazione dell’epoca
degli abboccamenti tra Gestapo e nkvd. La lotta entro Varsavia assume
aspetti terribili. Rivoltosi indossanti uniformi di ss prelevate in un
deposito conquistato assaltano di sorpresa le truppe naziste, catturano
dei mezzi blindati. I tedeschi usano dei carri armati "Tigre",
cannoneggiano incendiano interi quartieri, bruciando vivi gli abitanti,
costringono uomini, donne e bambini a scendere nelle cantine e ivi li
sterminano a colpi di granate. Ma perdono i depositi della posta
centrale, dello stabilimento del gas, della stazione di filtraggio e
della principale stazione ferroviaria. Interi quartieri vengono
liberati dagli insorti in testa ai quali combatte il proletariato. Si
attende l’arrivo dei russi, la ripresa dell’avanzata di Rokossowskj. Ma
inspiegabilmente le truppe russe sono ferme. La bbc da notizia in
lingua polacca dell’insurrezione; radio Mosca tace. La Luftwaffe
bombarda e mitraglia i quartieri occupati dagli insorti. Non un solo
aereo russo compare nel cielo della città. È chiaro che i russi si
assunsero il compito di aiutanti del carnefice nazista.
Solo al quarto giorno
della rivolta, il 4 agosto, il partito comunista dà ordine ai propri
organizzati di partecipare alla rivolta mettendosi agli ordini del
generale Bor. Lo stesso giorno i nazisti scatenano un’offensiva, mentre
avviene uno scambio concitato di messaggi tra Churchill e Stalin. Il
premier inglese desideroso di sfruttare ai fini della propria politica
la sollevazione invita Stalin ad accorrere in aiuto degli insorti che
ritiene impotenti a fronteggiare le quattro divisioni corazzate
tedesche, tra le quali la "Hermann Goering" che difendono Varsavia.
L’obbiettivo comune dei capi dei governi inglese russo consiste nel,
ripetiamo, neutralizzare l’insurrezione, utilizzandola ai propri fini
imperialistici. Churchill propone ai russi da prenderla sotto tutela
ordinando a Rokossowskj di conquistare Varsavia; Stalin fedele al
principio che i nemico cessa di essere tale solo se morto, ordina a
Rokossowskj di bivaccare lasciando ai nazisti di massacrare i
rivoltosi. In Stalin parlava il Bismark dell’epoca della Comune di
Parigi. Chiuso in una trappola gigantesca di cemento e acciaio, la
Comune di Varsavia non si arrende. Tradita da coloro che credeva
alleati sa trovare tanto eroismo da superare la delusione, nemico più
terribile della stessa paura fisica. I tedeschi distruggono uomini e
case con ferocia sistematica: attaccando le strade con bombe
incendiarie ed esplosive, unendo il bombardamento aereo col fuoco
dell’artiglieria. Fatto il deserto la fanteria avanza irrorando le
macerie, crollate sui morti e feriti, con le vampate dei lanciafiamme.
Scagliando contro gli stabili gli uebelw, bombe di fosforo ed
esplosivo a scoppio multiplo; adoperando per la prima volta i
"Goliaths", piccoli carri armati carichi di esplosivo guidati
elettricamente. Sono ordigni formidabili, distruggono ogni cosa. Il 10
agosto aerei alleati tentano di paracadutare armi e munizioni agli
insorti, ma i tedeschi convergono il fuoco nella zona nettamente
individuata dai segnali luminosi a terra, scorrono torrenti di sangue.
Il 13 agosto l’agenzia russa "Tass" diffonde un comunicato a cui si
addebita agli esuli Polacchi a Londra la responsabilità della rivolta e
si smentisce la notizia circa il collegamento tra partigiani di
Varsavia e truppe russe. Ma se fosse vero quanto afferma Mosca, non
sarebbe dovere del governo russo alleato di guerra dell’Inghilterra e
protettore di un "comitato di liberazione nazionale" costituito di
comunisti polacchi correre in aiuto della rivolta?
Il 17 la Comune entra in
agonia. I tedeschi iniziano un infernale offensiva preparandola con
cannoneggiamenti di obici da 600 millimetri i cui proiettili pesano una
tonnellata e mezzo. Battuti ferocemente dall’artiglieria terrestre dai
carri armati tigre, dai "Goliaths", dagli aerei, gli insorti continuano
a lottare. 70.000 uomini della Werhmacht si scagliano contro i
quartieri difesi dai comunisti che hanno con loro donne vecchi e
bambini acquattati come bestie nelle cantine, tormentati dalla fame e
dalla sete, continuamente minacciati di morire sotto le macerie dei
fabbricati sbriciolati dalle bombe. Per tre giorni gli insorti
costretti ad indietreggiare si rifugiano nelle fogne e nei passaggi
sotterranei della città, i tedeschi lanciano nei cunicoli granate e
bombe a gas, fucilano sul posto i prigionieri. Fino all’ultimo gli
insorti attendevano l’arrivo delle truppe. Invano! Arrivarono tre mesi
dopo il massacro. Il 29 settembre tedeschi sferrarono l’attacco
generale contro la rivolta. Il 3 ottobre dopo 63 giorni di epici
combattimenti gli ultimi difensori della Comune si arrendono ai
tedeschi i quali in riconoscimento dell’eroico comportamento si
impegnano di applicare la convenzione di Ginevra e trattare gli insorti
come prigionieri di guerra.
Lo stesso boia è
soffocato dal sangue. 150.000 morti giacciono nei quartieri distrutti.
Apparentemente il rifiuto del governo di Mosca di portare aiuto agli
insorti può attribuirsi all’interesse nazionalistico di sbarazzarsi
delle forze politiche facenti capo al governo polacco in esilio
costituito da profughi polacchi in Londra, notoriamente legati
all’imperialismo britannico. La cosiddetta Guerra Fredda scoppiata tra
i vincitori del conflitto e prima ancora i violenti contrasti scoppiati
in Polonia tra gli stalinisti e i partiti filo occidentali parvero
comprovare l’ipotesi. Ma il fatto stesso che l’occupazione militare
russa della Polonia garantiva il controllo politico degli stalinisti,
come la successiva evoluzione storica doveva confermare, sta a
dimostrare che Mosca, lasciati intrappolare gli insorti, contava su ben
altro scopo. Il governo di Stalin si prefiggeva di salvare di fronte al
proletariato internazionale il suo falso prestigio di agente
rivoluzionario. La Comune di Varsavia voluta e difesa da proletariato
rivoluzionario doveva morire. Evitando di sporcarsi le mani, il governo
russo passava l’infame compito all’esercito nazista. La fine gloriosa
della Comune di Varsavia è una prova sanguinosa del gesuitismo politico
del governo di Mosca, un’accusa provata del compito
controrivoluzionario dello stalinismo mondiale. Esso sta a dimostrare
che dovunque il proletariato dichiarerà e combatterà nell’avvenire la
guerra civile rivoluzionaria contro il capitalismo, si troverà alle
spalle, come a Varsavia nell’estate del 1944, o di fronte come a
Berlino nel 1953, i gendarmi stalinisti della controrivoluzione. Ma la
resa dei conti verrà. Allora lo stalinismo dovrà pagare anche i
centocinquantamila caduti della Comune di Varsavia.