Michael Cetewavo Tabor è uno del gruppo delle ventuno Pantere di New York.
Ha ventitre anni, e con altre Pantere di New York è accusato, nel processo affidato al giudice John ‘Faccia di merda’ Murtagh, di aver cospirato per assassinare dei poliziotti, far saltare i Botanical Gardens, grandi magazzini e linee ferroviarie. La più grande montatura nella storia di New York. Per cinque anni, e cioè dall’età di tredici a quella di diciotto, mentre viveva ad Harem dove era nato, Tabor fu schiavo dell’eroina, la Peste. A tredici anni, ‘disperato e depresso’, cominciò a drogarsi. ‘Per sfuggire alla orribile realtà della vita del ghetto’, egli entrò a far parte della ‘Società della Nona Nuvola’.
In questo saggio, scritto in prigione, egli ci parla
dell’eroina, di che cosa significa diventarne schiavi. Egli descrive il mondo come il drogato stesso lo vede. Ma, cosa ancora più importante, descrive la Peste dal punto di un rivoluzionario. Egli collega il problema della droga con lo sfruttamento capitalistico, l’oppressione razziale, la mafia, i poliziotti nella colonia, il tentativo dei neri di evadere dalla realtà e di autodistruggersi. E ci parla della soluzione-rivoluzione, dei fondamentali mutamenti che sono
indispensabili per spazzare via la Peste dalle città di Babilonia.
L’Autobiografia di Malcom X cambiò Tabor. Gli diede ‘una nuova visione della
vita’. Fu cosi che egli entrò nel BPP, fondato a Oakland (California) nel
1966 da Bobby Seale e Huey P. Newton, e si liberò dalle cattive abitudini:
l’eroina e l’acquiescenza davanti all’oppressore bianco. Lavoro nel Programma
di Colazioni gratuite organizzato dalle Pantere per sfamare i bambini neri
e nella Scuola di Liberazione creata per insegnare ai bambini neri analfabeti
a leggere e scrivere. Divenne capitano della difesa del partito per il Bronx.
Il 2 aprile fu arrestato, e poco dopo fu gettato in carcere (la cauzione
era stata fissata in 50.000 dollari). Egli era già stato arrestato e
imprigionato
per aver rubato pellicce e gioielli per procurarsi eroina. Al procuratore
distrettuale, il porco Phillips, disse: ‘Sono stato in un istituto di pena
per ventitre anni. Tutta l’AmeriKKKa è una prigione di stato’. Phillips gli
chiese se avesse avuto paura quando un poliziotto l’aveva arrestato puntandogli
contro un fucile. ‘No, – rispose; – la prima che mi trovai alle prese con
un fucile avevo appena sei anni. Ormai sono immune da queste cose. E’ normale
che un poliziotto punti un fucile contro un nero’.
Per Michael Cetewayo Tabor diventare una Pantera significò adottare il
principio
dell’autodifesa contro gli attacchi della polizia. Significò diventare ‘un
essere umano socialmente produttivo’. Come disse Fred Hampton poco prima
di essere assassinato a Chicago, essere una Pantera significa ‘Ubriacarsi
di Popolo’.
Per Tabor, non c’è niente di più eccitante della rivoluzione.
Tutto il Potere al Popolo.
JOMO RASKIN
1. IL PROBLEMA
Recentemente nella colonia nera di Harem un ragazzo nero di dodici anni fu
ucciso da una dose eccessiva di eroina. Meno di due settimane la stessa tragica
sorte toccò a una ragazza nera di quindici anni. Nel 1969 nella sola New
York City la droga uccise più di novecento persone. Di queste, duecentodieci
erano giovani, di età compresa fra i dodici e i diciannove anni. Degli oltre
novecento morti la stragrande maggioranza erano neri e portoricani. Si valuta
che a New York City almeno venticinquemila giovani siano tossicomani ‘ e
si tratta di una stima prudenziale.
Da più di quindici la droga nei ghetti colonizzati dell’AmeriKKKa costituisce
un problema grave. Essa è così diffusa da poter essere definita senza timore
di esagerare la Peste. Ha raggiunto le proporzioni di un’epidemia, ed è in
continuo aumento. E’ però solo da pochi anni che il governo razzista degli
Usa considera la droga ‘una questione grave’. E’ interessante notare che
questa crescente preoccupazione da parte del governo è commisurata alla
diffusione della Peste nei santuari delle comunità bianche appartenenti alle classi media e alta. Finchè la peste rimase confinata nel ghetto, il governo non ritenne opportuno giudicarla un problema. Ma non appena professori
universitari, politicanti demagoghi, capitalisti e finanzieri insaziabili cominciarono
a scoprire che i loro figli e le loro figlie erano caduti vittime della Peste, ci si affrettò a dichiarare un virtuale ‘stato di emergenza nazionale’.Ciò è significativo, perché ci fornisce una chiave per la comprensione del fenomeno
della Peste per quanto riguarda i neri.
A partire dal Federal Bureau of Narcotics fino al clero, ai medici, ai
cosiddetti
educatori e psicologi, giù giù fino ai tossicomani schiavi della droga che si aggirano all’angolo della strada, ben pochi si fanno illusioni in merito alla possibilità di frenare efficacemente la diffusione della Peste. Nonostante
le dure condanne a coloro che la legge definisce i profittatori della droga
è un eufemismo che sta ad indicare dei veri e propri capitalisti che agiscono nell’illegalità ‘ il numero dei trafficanti è oggi più alto di quanto mai sia stato. Nonostante il crescente numero dei programmi di prevenzione e di riabilitazione, la Peste prolifera, minacciando di divorare un’intera
generazione di giovani.
La ragione di fondo per cui la Peste non può essere arrestata dai vari
programmi di prevenzione e di riabilitazione è che questi programmi, con la loro
impostazione arcaica e basata su un’interpretazione borghese delle teorie di Freud e con le fantomatiche ‘collettività terapeutiche’ non affrontano le reali cause del problema. Questi programmi negano deliberatamente, o nel migliore dei casi sfiorano di sfuggita, le origini socioeconomiche della tossicomania.
Questi programmi negano ipocritamente il fatto che, almeno per quanto riguarda i neri, lo sfruttamento capitalistico e l’oppressione razzista sono i fattori che soprattutto favoriscono la diffusione della droga. Questi programmi non furono mai elaborati con l’intento di curare i drogati neri. Per altro, essi si rivelano inefficaci anche nei confronti dei tossicomani bianchi, per i
quali furono studiati.
Questo governo fascista individua la causa della tossicomania nella
importazione della Peste nel paese ad opera di contrabbandieri. Essi stessi arrivano
addirittura ad ammettere che è impossibile arrestare l’entrata della Peste. Per ogni kilogrammo di eroina che sequestrano, almeno venticinque kilogrammi
oltrepassano la barriera degli ispettori doganali. Il governo è perfettamente consapevole del fatto che anche se riuscirebbe ad arrestare l’importazione di eroina,
i trafficanti di droga e i tossicomani non farebbero altro che sostituire l’eroina con un altro tipo di droga. Il governo è totalmente incapace di affrontare le vere cause della tossicomania, e ciò per il semplice motivo che per farlo dovrebbe creare i presupposti per una radicale trasformazione di questa società. La coscienza sociale di questa società, i valori, i costumi e le tradizioni dovrebbero essere mutati. E ciò è impossibile senza cambiare il modo in cui i mezzi di produzione della ricchezza sociale sono posseduti e distribuiti. Solo una Rivoluzione può eliminare la Peste.
La tossicomania è un mostruoso sintomo del tumore maligno che sta corrodendo
il tessuto sociale di questo sistema capitalistico. La droga è un fenomeno sociale che rappresenta un frutto organico del sistema sociale. Ogni fenomeno sociale che scaturisce da un sistema sociale, che è creato e alimentato da aspri antagonismi di classe e che risulta dallo sfruttamento di classe, deve essere visto da un punto di vista di classe.
Nel corso degli anni numerosi uomini politici, ambasciatori stranieri e
facoltosi uomini d’affari sono stati arrestati in questo paese per attività connesse alla droga. Altri riuscirono ad evitare l’arresto grazie alla loro ricchezza e influenza. Nell’autunno del 1969 si scoprì che un gruppo di eminenti
finanzieri di New York finanziava una attività di contrabbando di droga. Da quella
scoperta
non scaturì nessuna incriminazione. Poco dopo un gruppo di facoltosi uomini d’affari sudamericani fu arrestato in un lussuoso albergo di New York City per essere stato trovato in possesso di droga per un valore di oltre 10 milioni
di dollari.
Data la natura rapace ed ingorda del capitalista, non dovrebbe stupire che uomini d’affari con le mani apparentemente pulite siano in realtà profondamente
immischiati nel traffico di droga. Il movente dei capitalisti è un’insaziabile brama di profitto. Essi sono pronti a fare qualsiasi cosa per denaro. Le attività della criminalità organizzata e quelle dei ‘capitalisti con le mani puliti’ sono così inestricabilmente legate, così profondamente intrecciate, che dal nostro punto di vista ogni distinzione tra esse è puramente accademica.
La legittimazione della mafia, la sua crescente tendenza a investire e a fondare grandi società per azioni, è stata accelerata dalle dure condanne inflitte ai profittatori della droga. A New York ciò ha avuto come risultato il graduale ritiro della mafia dalla posizione di predominio che occupava
nel traffico della droga nella città. Il traffico della droga è ora dominato da esuli cubani, molti dei quali ex ufficiali dell’esercito ed ex funzionari di polizia del regime prerivoluzionario del dittatore Batista. In quanto a mancanza di scrupoli e avidità essi non sono da meno della mafia.
Questi nuovi ‘re della droga’ su scala locale hanno creato un’ampia rete internazionale di operazione di contrabbando. Essi utilizzano i canali
tradizionali e ne creano di nuovi, come dimostra il crescente numero dei sequestri di droga provenienti dal sudamerica effettuati dal Narcotics Bureau.
Il concetto di Potere Nero ha influenzato il modo di pensare ogni segmento della comunità nera. Esso ha finito col significare controllo nero delle istituzioni e delle attività che hanno il loro centro nella comunità nera.
Gli insegnanti neri chiedono sia la comunità nera a controllare le scuole dei ghetti. Gli uomini d’affari e i commercianti neri sollecitano l’espulsione dai ghetti degli uomini d’affari bianchi, in modo da massimizzare i propri profitti. I neri che si occupano dei vari tipi di lotterie esigono un completo
controllo di queste attività nei ghetti. I trafficanti di droga neri chiedono che sia la comunità nera a controllare il traffico di eroina. Purtroppo, per quanto questo sia tragico, bisogna riconoscere che a New York i più grandi progressi realizzati sul piano del controllo da parte della comunità nera
sono stati quelli compiuti da quei neri che sono a capo di rackets e di
lotterie di vario genere, e che controllano il traffico della droga: in poche parole dai capitalisti neri impegnati in attività illecite. Prima del 1967 era raro trovare un trafficante di droga nero che in un dato momento avesse tra le mani più di tre kilogrammi di eroina. Non si era mai sentito parlare di
importatori
neri autonomi. Ora invece c’è un intero strato di neri che trafficano droga all’ingrosso e di distributori che trattano ogni volta cinque kilogrammi o più di droga. Numerosi neri sono inoltre diventati importanti, utilizzando elenchi di trafficanti europei forniti dalla mafia.
Il volume globale e il tasso dei profitti intascati dall’industria della droga potrebbero suscitare l’invidia della U.S. Steel, della General Motors e della Standard Oil. A partire dal livello più alto giù giù fino a quello più basso i profitti sono enormi. Purchè sia sufficientemente ambizioso, astuto, privo di scrupoli e corrotto, un individuo può passare in breve tempo dalla condizione di piccolo spacciatore da strada a quella di commerciante e distributore all’ingrosso.
2. FUGA E AUTODISTRUZIONE
Per quanto riguarda noi neri, il problema è reso ancora più complesso e
mostruoso dalla disumanizzazione razzista alla quale siamo sottoposti. Se vogliamo comprendere la Peste per quanto si riferisce ai neri, dobbiamo analizzare gli effetti dello sfruttamento economico capitalistico e della disumanizzazione
razzista.
L’atroce e sadico programma mirante ad annientare l’umanità del popolo nero, iniziato più di quattrocento anni fa da proprietari di schiavi assetati di denaro e continuato poi senza soste fino ai nostri giorni, è deliberato e sistematico. Il suo scopo è quello di facilitare e giustificare il nostro
sfruttamento. Poiché la realtà della nostra esistenza oggettiva sembrava confermare la tesi razzista della superiorità bianca, e la sua antitesi della inferiorità nera, e poiché noi non avevamo un’adeguata consapevolezza della nostra condizione, finimmo con l’interiorizzare la propaganda razzista dei nostri oppressori. Cominciammo a pensare di essere intrinsecamente inferiori ai bianchi. Questo senso di inferiorità diede origine a un sentimento di autoavversione che trova espressione in comportamenti autodistruttivi. Lo squallore della nostra condizione, il senso di impotenza e disperazione
crearono nella nostra mente una predisposizione a ricorre a qualsiasi sostanza atta a produrre sensazioni euforiche. Noi siamo inclini a usare qualunque cosa
ci consenta di subire la nostra condizione in modo rassegnato e tranquillo. Abbiamo sviluppato in noi un complesso di evasione dalla realtà. Questo
complesso di evasione è autodistruttivo.
Nella sua depravata malvagità l’oppressore capitalista-razzista sfrutta al massimo queste debolezze psicologiche ed emotive. L’oppressore ci incoraggia a partecipare ad ogni attività che sia autodistruttiva. I nostri comportamenti autodistruttivi e le nostre tendenze a evadere dalla realtà costituiscono per i capitalisti una fonte di profitto. Inoltre, indebolendoci, dividendoci e distruggendoci esse accrescono la forza dell’oppressore e gli consentono di perpetuare il suo dominio.
Le battaglie fratricide tra le bande di strada costruiscono una manifestazione di un tipo di comportamento autodistruttivo. Nello stesso tempo rappresentano anche una forma di evasione della realtà mediante la quale i giovani neri sfogano i loro sentimenti di rabbia, frustrazione e disperazione l’uno sull’altro
anziché rivolgerli contro il vero nemico. Il misticismo patologico, ossia
l’abbandono fanatico alla religione, è essenzialmente una forma di evasione, perché incoraggia la vittima a concentrare attenzione, energie e speranze di salvezza e libertà su una forza equivoca, mistica, distraendolo dalle vere cause della sua miseria e infelicità. Esso spinge a pensare che sia
meglio una gallina domani in cielo, anziché un uovo oggi, qui sul pianeta terra, mentre costituisce una fonte di lauti profitti per quei ciarlatani religiosi, predicatori e preti che se ne approfittano.
Anche l’alcolismo è una forma di autodistruzione e di evasione dalla realtà, oltre che una fonte di enormi profitti per i capitalisti. Il numero
straordinariamente elevato dei bar e dei negozi di alcolici nelle comunità nere testimonia questa tragica realtà. A far prosperare l’intera industria capitalistica degli
alcolici basterebbero i profitti che essa realizza nei soli ghetti neri.
3. IL TOSSICOMANE
La più grave forma di evasione e di autodistruzione per noi e una delle più vantaggiose per il capitalista che quindi la incoraggia più di ogni altra è la tossicomania e soprattutto l’uso di eroina.
Verso il 1899 un chimico tedesco scoprì la diacetilmorfina, l’eroina. In un primo momento essa fu salutata come il farmaco ideale per curare i
morfinomani.
Ma ben presto apparve chiaro che essa costituiva una droga ancor più terribile della morfina. Negli anni ‘20 c’erano già dei tossicomani che si iniettavano l’eroina direttamente nelle vene. La produzione di eroina negli Stati Uniti fu sospesa e la sostanza non fu più usata come antidoto per la morfina, né come analgesico.
L’eroina, la Peste, il flagello delle colonie nere di Babilonia ha un potere distruttivo sul piano spirituale, morale, psicologico, fisico e sociale di gran lunga superiore a quello di ogni altra malattia che finora a colpito l’umanità. La Peste, oppio proveniente dalla Turchia, inviato a Marsiglia,
convertito in morfina base, poi trasformato in eroina, introdotto di
contrabbando in AmeriKKKa, tagliato, diluito e infine piazzato nei ghetti neri. La Peste, una polvere bianca, velenosa, letale, venduta da bestie immonde e assetate di denaro a giovani neri disperatamente alla ricerca di uno stimolo, di
qualcosa che li aiuti a dimenticare lo squallore, l’abietta povertà, le malattie e
la degradazione di cui sono prigionieri nella loro esistenza quotidiana.
In un primo momento la Peste ha proprio l’effetto sperato. Sotto la sua
sinistra influenza, la prigione oppressiva e nauseante del ghetto si trasforma in una specie di Valalla nero. Chi si abbandona diventa insensibile al rancido fetore delle topaie impregnate di urina in cui è costretto a vivere, sordo al sibilo lamentoso delle sirene delle auto dei poliziotti-porci che corrono
all’impazzata lungo le strade dell’Inferno Nero per accorrere in aiuto di qualche altro poliziotto-porco che, come ben si merita, se la sta vedendo brutta. Insensibili alle immondizie che traboccano dai bidoni, putrefatte e apportatrici di ogni genere di malattie e che riempiono le strade del ghetto.
Sotto l’influenza inebriante dell’eroina uno dimentica la bruttezza della realtà che lo circonda. Ma l’ingenua, giovane vittima deve ben presto
accorgersi che è tutto un trucco, un trucco crudele e mostruoso, un imbroglio mortale; via via che l’illusoria sensazione di felicità suscitata dallo stimolo dell’eroina
si attenua, viene meno anche la temporanea immunità alla realtà raggiunta nello stato di trance chimica da essa provocata. La realtà alla quale l’infelice
tentò così disperatamente di sottrarsi scende ancora una volta su di lui e lo inghiotte. Il rancido fetore delle topaie impregnate di urina comincia a mozzargli il fiato. Le grida di angoscia dei neri sembrano fondersi con l’ululato delle sirene delle macchine dei poliziotti-porci. Ora questi rumori gli sembrano altissimi, laceranti, come amplificati da altoparlanti
stereofonici.
E sotto i piedi sente le immondizie che traboccano dai bidoni, perché chi dovrebbe non si cura di passare a raccoglierli.
La giovane vittima non ci mette molto a capire che solo prendendo un’altra dose riuscirà a isolarsi dalla spaventosa realtà che lo circonda. Ogni dose di Peste che egli si inietta nel sangue lo porta un passo più vicino alla tomba. Ben presto egli è preso, agganciato: tanto fisiologicamente quanto
psicologicamente dipende dalla Peste. Il corpo non meno della mente ha bisogno di eroina. Egli è ormai diventato un socio ufficiale, un membro a tempo pieno, della ‘Cloud Nine Society’. Il suo aspetto fisico è sempre più trasandato.
Non gli importa niente dei vestiti. Che la camicia sia sudicia e le scarpe senza suole, facendolo camminare virtualmente a piedi nudi, non gli importa.
Che il collo non lavato emetta ora un odore insopportabile non lo preoccupa più di tanto. Che gli amici non dediti alla droga lo evitino e lo trattino con disprezzo non gli importa, perché è un sentimento che egli ricambia.
Ormai non hanno più nulla in comune. Nulla più gli interessa. Nulla ad
eccezione dell’eroina, della Peste.
Via via che egli prosegue lungo la strada che ha imboccato il suo corpo
manifesta una crescente immunità alla droga. Ora per raggiungere di cui ha bisogno deve aumentare la dose. Ciò significa procurarsi più denaro. Ormai è cosi schiavo da essere disposto a fare qualsiasi cosa per una bustina, per una dose. Mentire, rubare, imbrogliare, rapinare non è niente per lui. Qualsiasi cosa debba fare per procurarsi la droga, egli non esita a farla: deve farla perché è schiavo della Peste.
Ormai è entrato in un circolo vizioso. Per procurarsi il denaro necessario a soddisfare il suo bisogno, egli viola quella che la classe dominante
definisce la legge. Inevitabilmente viene beccato e incastrato. Finisce così in carcere, e dopo aver scontato la pena inflitta torna in libertà. La prima cosa che cerca è una dose di droga, e così il ciclo ricomincia. Col passare del tempo egli sprofonda sempre più nell’abisso senza fondo della degradazione. E vicino a lui, sempre pronto a soddisfare le sue richieste – dietro adeguato compenso, naturalmente ‘ c’è lo spacciatore, il procacciatore di veleni, il distributore di morte, lo spietato assassino, la feccia della terra, l’abietto capitalista, il venditore di morte a rate, l’uomo che getta la morte sul mercato, l’uomo-Peste.
4. CAPITALISMO E CRIMINE
Lo smercio della droga è senza dubbio una delle attività capitalistiche più redditizie. I profitti realizzati grazie ad esso ammontano a miliardi di dollari. Tanto sul piano internazionale quanto sul piano interno è Cosa Nostra,
la mafia, che tiene in mano i fili del traffico e della distribuzione di
eroina.
Buona parte dei profitti accumulati mediante il traffico della droga è
investita per finanziare attività economiche ‘lecite’. D’altra parte, le attività
economiche ‘lecite’ controllate dalla mafia sono utilizzate per facilitare il contrabbando
della droga. Dato che il crimine organizzato è attività economica, e per di più un attività economica in continua espansione, per accrescere i propri
profitti esso è costantemente alla ricerca di nuovi settori di investimento. Ecco dunque che una quantità crescente di profitti illeciti viene incanalata verso attività economiche lecite. Gli accordi tra mafia e ‘uomini d’affari rispettabili’ sono all’ordine del giorno. Vi è un rapporto diretto tra
capitalisti ‘leciti’ e capitalisti ‘illeciti’.
5. I PORCI DELLA POLIZIA
La Peste non potrebbe prosperare rigogliosa nelle colonie nere se non fosse per l’attivo appoggio che le dànno le forze di occupazione, la polizia. Non è aumentando gli arresti per reati connessi alla droga che si può dissimulare il fatto risaputo che la polizia lascia operare virtualmente indisturbati gli spacciatori in cambio di sostanziose bustarelle.
Un altro sistema praticato dai porci della polizia, e specialmente dagli agenti della sezione Narcotici, è quello di sequestrare una ingente quantità di droga a un trafficante, arrestarlo e infine presentare come prova solo una parte della droga sequestrata. Il resto è dato a un altro trafficante che lo vende e passa poi una certa percentuale dell’incasso agli agenti.
Inoltre molti trafficanti sono informatori della polizia, la quale in cambio delle informazioni concede loro una virtuale immunità. La polizia non risolvere
il problema, per il semplice motivo che costituisce una parte del problema. Se si tiene presente che un kilogrammo di eroina acquistato da un importatore per 6000 dollari, una volta tagliato, confezionato e distribuito assicura
un introito di 300000 dollari nel giro di una settimana, è più capire che neppure la pena di morte per i profittatori della droga potrebbe costituire un deterrente efficace.
I bugiardi, ipocriti fantocci della classe dominante borghese, e i politicanti demagoghi del campidoglio hanno ora approvato una legge che riconosce agli agenti di polizia incaricati di reprimere il traffico di stupefacente il diritto di irrompere nella casa di una persona senza neppure bussare, con il pretesto di cercare sostanze stupefacenti e ‘altri elementi di prova’.
Ma chi pensa che questa legge sarà applicata solo nei confronti di individui sospettati di essere trafficanti di droga si abbandona a una tragica e forse suicida illusione. Presumere che solo i sospetti trafficanti di droga saranno colpiti da questa legge significa negare la realtà stessa dell’AmeriKKKa di oggi. Lasciarsi andare anche solo per un momento a pensare che questa
legge riguarda esclusivamente i trafficanti di droga significa negare che le leggi approvate, le politiche attuate e i metodi e le tattiche impiegati dalla polizia sono ormai diventati apertamente e spudoratamente fascisti.Non ci si dovrebbe stupire quando la polizia irrompe nelle case di
rivoluzionari e di altre persone progressiste e amanti della libertà con il pretesto di cercare droga e altri ‘elementi di prova’. Numerosi rivoluzionari sono già stati imprigionati sulla base dell’accusa di possesso o di traffico di droga, accuse che ovviamente non sono che montature. Lee Otis è stato condannato a trent’anni e Martin Sostre a 41 anni di carcere per inesistenti reati di
questo genere. Stiamo certi che questa politica verrà intensificata. Sarebbe bene che noi tenessimo presente che cosa significa sfondare la porta della casa di una persona alla ricerca di droghe e ‘altri elementi di prova’. Cosa sono questi ‘altri elementi di prova’’ I legislatori borghesi e fascisti non hanno specificato in che cosa consistano questi ‘altri elementi di prova’.
La ‘legge del non bussare’ è parte integrante dell’avventura fascista in cui questo paese si è imbarcato. Un tipico aspetto dell’oppressione di classe e di razza è la politica della
classe dominante di sottoporre gli oppressi a un tale lavaggio del cervello da portarli ad accettare la loro condizione di oppressi. Inizialmente questo programma viene attuato inculcando la paura nella mente e gettando il seme dell’inferiorità nell’animo dell’oppresso. Ma via via che le condizioni
oggettive e il bilancio delle forze diventano più favorevoli all’oppresso e più
sfavorevoli
all’oppressore, per quest’ultimo si rivela necessario modificare il proprio programma e adottare metodi più sottili e tortuosi per difendere la posizione di dominio. L’oppressore si sforza di rompere l’equilibrio psicologico
combinando una politica di brutale repressione con gesti spettacolari di buona volontà e assistenza.
Poiché i neri hanno abbandonato le tattiche non-funzionali e inefficaci dell’era
dei ‘Diritti Civili’ e si sono finalmente decisi a perseguire il secolare obiettivo della propria liberazione con tutti i mezzi necessari, per l’oppressore
si è rivelato indispensabile schierare più forze di occupazione nella colonia nera. Specialmente a New York, l’oppressore si rende conto di non poter attuare
una simile politica in modo esplicito senza rafforzare il fervore
rivoluzionario dei neri della colonia. L’oppressore ha dunque bisogno di un pretesto per aumentare il numero dei porci presenti nei ghetti.
E qual è il pretesto’ Ecco qua: esponenti responsabili della comunità nera ci hanno informato – e le loro informazioni sono confermate dai reperti della polizia – che la comunità nera pullula di criminali di ogni genere, gente che imbroglia, ruba, ammazza e ferisce. Le strade sono malsicure, le imprese economiche sono esposte alle continue incursioni di banditi armati, l’attività commerciale non può funzionare. Le autorità municipali sono d’accordo
con i residenti negri che la causa principale di questa situazione
insostenibile sono i drogati, che prosperano alle spalle della gente innocente. Sì, è a causa dei drogati che l’indice di criminalità aumenta continuamente. E le autorità municipali non resteranno insensibili agli appelli che i residenti negri lanciano loro chiedendo maggior protezione: mandate più poliziotti!
Che le vittime della Peste siano responsabili della maggior parte dei reati che avvengono nei ghetti, è un fatto. Che i tossicomani neri compiano la maggior parte dei loro furti, imbrogli e rapine nella comunità nera ai danni di altri neri, è innegabile. Ma prima di balzare in piedi esasperati invocando una più energica protezione da parte della polizia faremmo meglio a chiederci:
chi seminò la Peste ad Harem, a Bedford Stuyvesant e nelle altre comunità nere? Faremmo meglio a chiederci chi in ultima analisi trae vantaggio dalla droga dei neri. Faremmo meglio a ricordare che i poliziotti sono truppe
straniere e ostili inviate nelle colonie nere dalla classe dominante, non per proteggere gli interessi economici e la proprietà privata dei capitalisti e impedire che i neri esasperati escano dai loro ghetti. Rockefeller e Linsday se ne fregano della vita dei neri. E se ancora non siamo arrivati a capire qual è il sentimento che la polizia prova verso di noi, allora si deve concludere che ci troviamo davvero in una situazione disperata.
Quando un tossicomane svaligia la casa di un nero o strappa il borsellino dalle mani di una sorella nera, la polizia ci mette tutta la notte per
rispondere alla chiamata oppure non risponde affatto. Difficilmente il ladro o il
borsaiolo viene catturato. Quasi sempre quando la polizia arresta qualcuno si tratta della persona sbagliata. Ma quando in quello stesso ghetto succede che tocchi a un affarista sfruttatore ‘ specialmente se bianco – di essere derubato, ecco che subito sulla scena si precipitano quindici auto della polizia a sirene spiegate, e tre dozzine di porci cominciano a correre su e giù per la strada puntando fucili e pistole in faccia a tutti quelli che passano. E puoi scommettere cinque a uno che qualcuno andrà in galera per quel furto. Che poi sia stata proprio la persona arrestata a commettere quel reato, non ha molta importanza dal punto di vista dei porci. I poliziotti porci e razzisti
usano i neri per sfogare i loro impulsi sadici, le loro insufficienze e
frustrazioni.
Ora che nelle strade ci sono più poliziotti le cose vanno di male in peggio.
6. RIVOLUZIONE
I porci razzisti della polizia, i politicanti demagoghi e gli avidi affaristi che controllano i politicanti sono ben felici di vedere la gioventù nera cadere vittima della Peste. Essi sono ben felici per due ragioni: prima di tutto ci ricavano grossi profitti e in secondo luogo si rendono conto che fino a quando i giovani neri se ne staranno sugli angoli delle strade a
sonnecchiare sotto l’effetto di una dose di eroina, non dovranno temere che noi riusciamo a ingaggiare un’efficace lotta di liberazione. Finchè i nostri giovani fratelli
e le nostre giovani sorelle nere non faranno altro che andare a caccia di una bustina, di una dose, il dominio dei nostri oppressori resterà saldo,
e le nostre speranze di libertà vane. Sono i giovani che fanno la rivoluzione, sono i giovani che la conducono a termine. Senza i nostri giovani non
riusciremo mai a forgiare una vera forza rivoluzionaria. Noi siamo i soli in grado di sradicare la Peste dalle nostre comunità. Non sarà un compito facile. Sarà uno sforzo di enormi proporzioni, e solo attraverso un programma
rivoluzionario, un programma del popolo, riusciremo a condurlo a termine.
Il BPP sta lavorando per arrivare a stendere un piano per combattere la Peste.
La direzione e l’attuazione di tale piano saranno affidate completamente al popolo. Siamo noi, il popolo che dobbiamo liberarci della Peste: e ce la faremo. La droga è una forma di genocidio nella quale la vittima paga per essere uccisa.
NON PERDIAMO TEMPO!
INTENSIFICHIAMO LA LOTTA!
DISTRUGGIAMO LA PESTE!
TUTTO IL POTERE AL POPOLO!